sabato 6 ottobre 2012

Gennarino e gli effetti della spazialità

L'altro giorno stavo leggendo Corpi sociali di Gianfranco Marrone. Ero nel pieno del capitolo dedicato all'agire spaziale nel quale l'autore sottolinea come
potrebbero esserci fenomeni di articolazione dello spazio che agiscono effettivamente a tutti i livelli possibili (pragmatico, cognitivo, passionale e somatico) sui suoi utilizzatori. (Marrone, Corpi sociali. Processi comunicativi e semiotica del testo, 2001, Einaudi, p. 323)
Terminato questo passaggio mi è tornata alla mente una battuta storica di un film di una ventina d'anni fa. Ecco la scena (fino al minuto 0.14, il resto non c'entra nulla ma merita lo stesso come il film nel suo complesso).



Non me ne vogliano architetti e semiotici ma penso sia difficile trovare un'espressione più efficace di questa per esprimere gli effetti - almeno quelli passionali - della spazialità. Complimenti Gennarino.

Il film in questione si intitola Io speriamo che me la cavo. Pellicola del 1992 diretta dalla regista Lina Wertmüller e tratta dall'omonimo romanzo di Marcello D'Orta, un maestro elementare che ha raccolto sessanta temi scritti da ragazzini della sua scuola di Arzano, in provincia di Napoli.

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